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venerdì 16 dicembre 2016

Avvento #16



Excalibur - Il Re d'Inverno, B. Cornwell

Eravamo una delegazione assai pittoresca. Gli uomini di re Tewdric portavano l'uniforme romana e il mantello rosso, mentre Artù aveva equipaggiato i suoi guerrieri con mantelli verdi. Viaggiavamo sotto quattro bandiere: il drago di Mordred, l'orso di Artù, la volpe di Gundleus e il toro di Tewdric.
A fianco di Gundleus c'era Ladwys, unica donna del nostro gruppo. Era di nuovo allegra e il suo uomo pareva lieto di averla con sè. Il re di Siluria era ancora prigioniero, ma portava la spada e cavalcava al posto d'onore accanto ad Artù e Tewdric. Quest'ultimo lo guardava ancora con sospetto, ma Artù lo trattava come un vecchio amico. Gundleus, del resto, era una pedina del suo piano per pacificare la Britannia, in modo da potersi dedicare alla lotta contro i sassoni.
Ai margini del regno di Powys fummo accolti da una guardia d'onore. Sulla strada vennero stese delle stuoie e un bardo ci cantò la storia della vittoria di Artù contro i sassoni, nella valle del Cavallo Bianco. Re Gorfyddyd non era venuto ad accoglierci, ma aveva inviato come proprio rappresentante Leodegan, l'ex re di Henis Wyren che si era rifugiato alla corte di Powys. Leodegan era stato scelto per il suo rango, ma come persona era notoriamente una testa vuota. Era un uomo straordinariamente alto, molto magro, con un collo lunghissimo, capelli scuri e ricci, e la bocca sempre aperta. Non riusciva a stare fermo: muoveva i piedi, alzava le braccia di scatto, batteva gli occhi e si grattava la testa.
 

giovedì 15 dicembre 2016

Avvento #15



L'ultimo castello, J. Vance


La Mostra dei Tabarri dell'Antiquariato, una sfilata annuale di Phane abbigliate in abiti sontuosi, si teneva nella Grande Rotonda a Nord della piazza centrale. Quasi la metà dei Cavalieri, ma meno di un quarto delle Dame, possedeva delle Phane.
Erano queste creature native delle grotte della luna di Albireo Sette, molto docili, festose e affettuose, le quali, dopo diverse centinaia di anni di incroci, erano diventate delle silfidi dalla bellezza prorompente. Avvolte da una garza delicata prodotta dai pori che avevano dietro le orecchie, e che scendeva lungo le braccia e dietro la schiena, erano le più inoffensive delle creature, sempre preoccupate di piacere e candidamente frivole.
Gran parte dei Cavalieri le trattava con affetto, ma ogni tanto si sentiva parlare di qualche Dama che aveva immerso una Phane particolarmente detestata nella tintura d'ammoniaca, che le macchiava la pelle e distruggeva la sua garza per sempre.
Un Nobile infatuato di una Phane suscitava ilarità. La Phane, sebbene venisse allevata con tale cura da sembrare una delicata fanciulla, se usata sessualmente si sciupava e dimagriva, e la sua garza si scoloriva e, anche se tutti lo sapevano, diversi gentiluomini avevano fatto un cattivo uso delle loro Phane.

mercoledì 14 dicembre 2016

Avvento #14



Legami di luce, V. Nazarian (in La giustizia delle Spade, a cura di M.Z.Bradley)

 

Arirante cavalcava uno stallone color dell'argento. Le bardature erano d'oro e pelle pregiata, dal collo dell'animale pendevano gocce di opale e topazio. La donna non indossava orpelli, solo una veste da guerriero nera e grigia. Alla mano destra aveva un unico anello di metallo, e lo indossava soltanto perché portava il sigillo imperiale. I capelli erano fermati da un cerchietto di pallida seta, pettinati in tre trecce lunghe sino alla vita: una per il Sud, una per il Nord e una per l'Est. La treccia dell'Ovest non la poteva aggiungere ancora.
Dietro Arirante venivano i guerrieri della sua scorta. era un corteo di diecimila uomini e riempiva la strada fino all'orizzonte orientale.
Alle porte della grande Città dell'Ovest furono accolti da lanci di petali di rosa e polvere d'ambra. Il giovane imperatore dell'Ovest in persona li attendeva e quando Arirante si chinò dalla grande altezza del dorso del suo stallone per afferrare quelle mani pallide e delicate, il suo sguardo vivo incrociò il remoto crepuscolo di quello di lui. Poi, quando l'ebbe di fronte, altrettanto alta e forte, Erester sollevò le proprie mani - più fini dell'avorio più puro che Arirante avesse mai visto - e con un gesto semplice le mise al collo una ghirlanda di fiori bianchi. Da quella ghirlanda scaturì una luce che danzò un istante con sublime follia, e quando la sfiorò la donna fu percorsa da un brivido. Da quel momento Arirante, che non aveva mai amato prima, amò, senza sapere perché, quell'uomo dagli occhi di crepuscolo che non poteva eppure doveva essere suo marito.
 

martedì 13 dicembre 2016

Avvento #13



L'ultimo cavaliere, Terry Brooks

 

La piccola compagnia proveniente da Arborlon partì poco dopo l'alba del mattino seguente, diretta a nordovest verso le alte cime che circondavano il passo di Aphalion. Scesero dal promontorio e tornarono nel bassopiano dei laghi di Eldemere che Panterra e Prue avevano percorso per raggiungere gli Elfi, piegando a nord per attraversare l'ultimo tratto degli stagni. Il tempo era cambiato durante la notte: le nubi erano riapparse sulla valle, il cielo era coperto, la luce era grigia e l'aria velata dalla foschia. Quando si misero in marcia, la nebbia cominciava a salire e presto i loro vestiti si coprirono di goccioline che scintillavano come piccole pietre preziose.
Panterra Qu respirava a pieni polmoni l'aria pulita e dolce delle prime ore del mattino, profumata di terra umida e di vegetali che mandavano un intenso odore di nuove linfe. Aveva la mente lucida, ben riposata dopo una buona notte di sonno; era eccitato dalla prospettiva di esplorare il passo ed era incoraggiato dal successo di Phryne Amarantyne con il re. La ragazza camminava accanto a lui, ora; la sua faccia sottile era illuminata dall'impazienza e i suoi occhi guizzavano da un particolare all'altro, attenti a tutto. Procedeva senza compiere movimenti inutili, con un passo cadenzato che mostrava come fosse abituata ai lunghi percorsi e sapesse come conservare le energie. Panterra aveva apprezzato il modo in cui si era rifiutata di farsi aiutare con lo zaino, insistendo per portarlo da sola. Phryne aveva anche messo in chiaro che avrebbe svolto la sua parte di lavoro, avrebbe fatto i turni di guardia se fosse stato necessario e avrebbe preferito essere chiamata per nome piuttosto che con il suo titolo reale. Aveva anche avvertito che al ritorno si sarebbe presentata con loro dal padre per comunicargli le informazioni eventualmente trovate, buone o cattive che fossero.

lunedì 12 dicembre 2016

Avvento #12



Intervista col Vampiro, Anne Rice

"Bene, notai che il cimitero era pieno di nuove sepolture, alcune con croci di legno, altre semplici tumuli di terra con dei fiori ancora freschi; alcuni contadini tenevano in mano dei fiori, come se volessero adornare queste tombe; ma tutti quanti erano come impietriti, con gli occhi fissi su due individui che tenevano per le briglie un cavallo bianco - e che cavallo! Scalciava e scalpitava e scartava da un lato, come se avesse in odio quel luogo; uno splendido animale, però, uno stallone, tutto bianco. Be', a un certo punto - e non potrei dirvi come si siano messi d'accordo, perché nessuno di loro disse una parola - uno, il capo, penso, gli diede un colpo tremendo col manico d'una pala, e il cavallo partì all'impazzata su per la collina. Ve lo potete immaginare. Io pensavo che non l'avremmo più visto, almeno per un po'. Ma mi sbagliavo. Dopo un minuto rallentò e incominciò a girare intorno alle vecchie tombe, poi scese giù per la collina verso quelle nuove. E tutti rimasero immobili a guardarlo. Nessuno emise un suono. Ed ecco che tornò trottando sopra i tumuli, attraverso i fiori, e nessuno fece un movimento per afferrare le briglie. Poi all'improvviso si fermò, sopra una tomba."
Si asciugò gli occhi, ma non avevano quasi più lacrime. Sembrava incantato dalla propria storia, come lo ero io.
"Ed ecco cosa accadde" continuò. "L'animale restò lì fermo e a un tratto un grido si levò dalla folla. No, non era un grido, era come se tutti quanti ansimassero e gemessero, poi tornò il silenzio generale. E il cavallo era sempre fermo e scuoteva la testa; allora il capo si fece avanti, chiamando a gran voce molti altri; una delle donne lanciò un urlo e si gettò sulla tomba quasi sotto gli zoccoli del cavallo. Mi avvicinai più che potei. Vidi la pietra col nome del morto: era una giovane donna, morta solo da sei mesi, le date erano incise, e lì c'era quella donna sventurata inginocchiata sul terriccio, che ora abbracciava la pietra come per strapparla dalla terra. E la gente cercava di tirarla su e portarla via."


domenica 11 dicembre 2016

Avvento #11


Il castello d'acciaio, L. Sprague de Camp e H. Pratt

 

La luna di quel mondo, osservò Shea, tramontava solo dodici o tredici minuti più tardi ogni sera, invece dei cinquanta della sua terra. Egli e i suoi quattro compagni erano stesi a terra ai margini della radura, dove sorgeva il castello invisibile di Busrane. Non intendevano avvicinarsi fino a che la luna non fosse tramontata.
Mentre attraversavano lo spazio aperto, Shea bisbigliò: - Temo di non riuscire a trovare il cancello. Troppo buio per scorgere i miei segni di riferimento.
- Piccolo inconveniente - rispose Cambina. Shea vide che faceva dei vaghi segni con la sua bacchetta. Dal nulla apparve una debole fosforescenza che poi divenne una fila di sbarre.
Cambina puntò la bacchetta, che si allungò e si fletté come un verme addomesticato. La punta si attaccò alla serratura e vi scivolò silenziosamente dentro. Ci fu un leggero clic.
La bacchetta si ritrasse, poi si infilò tra le sbarre. Al suono notturno degli insetti si mescolò un debole cigolio: il catenaccio scivolò via e il cancello si aprì.
Mentre entravano in punta di piedi, il leggerissimo tintinnio dell'armatura pareva, alle orecchie di Shea, il passaggio del terremoto in una fabbrica di padelle. Cambina indicò qualcosa. In alto, sul muro, c'era una sentinella, di cui si vedevano solo il mantello e il cappuccio, appena visibili e debolmente fosforescenti. Il cappuccio si voltò con la sua nera cavità verso di loro. Cambina sollevò la bacchetta e immobilizzò la sentinella in quella posizione.
Luce e musica si riversavano dalle finestre del salone. Shea, in testa al gruppo perché conosceva il posto e perché aveva il passo silenzioso, stava dirigendosi verso la porta quando inciampò in un'immensa gamba pelosa.