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mercoledì 7 dicembre 2016

Avvento #7


Lo Specchio dei Sogni, Stephen R. Donaldson

 

La storia di Terisa e Geraden iniziò pressappoco come nelle favole. Lei era una principessa chiusa in un'alta torre. Lui era l'eroe venuto a salvarla. Lei era l'unica figlia di un uomo ricco e potente. Lui era il settimo figlio del signore della Settima Marca. Lei era incantevole, dalla cima dei capelli neri che le facevano da corona sulla testa alla punta dei piedini dalla pelle bianchissima. Lui era bello e coraggioso. Lei era prigioniera di un incantesimo. Lui non conosceva la paura e, quanto agli incantesimi, era abituato a spezzarli.
Come in tutte le favole, erano fatti l'uno per l'altra.
Purtroppo, la loro vita non era semplice come nelle favole.
Per esempio, l'alta torre di Terisa era un grattacielo newyorkese di appartamenti di lusso, sulla Madison, a pochi isolati dal parco. C'erano due camere da letto - una delle quali era una "stanza degli ospiti", arredata da cima a fondo e mai utilizzata - un ampio soggiorno con un'impressionante vista a ponente, e poi una seconda camera da pranzo con un lungo tavolo di legno nero, lucido come uno specchio (che avrebbe fatto un figurone alla luce delle candele, se Terisa avesse avuto qualche motivo per accenderle) e il tipo di cucina con i mobili di linea moderna, immacolata, che fanno bella mostra di sè nei dèpliant degli arredatori.
Per l'appartamento, il padre di Terisa aveva speso quella che le persone presso cui lavorava la figlia avrebbero definito "una piccola fortuna", ma non ne rimpiangeva neppure un centesimo. Le guardie giurate che sorvegliavano l'ingresso al piano terreno e la televisione a circuito chiuso che controllava chi saliva sull'ascensore assicuravano a Terisa la massima tranquillità; e finché la figlia se ne fosse rimasta laggiù, lui non se la sarebbe trovata davanti, a girare passivamente per la casa, a fissare lui e i suoi amici con occhi grandi e castani, da vitello, che sembravano troppo inerti o troppo stupidi per capire davvero quello che lui vi leggeva dentro: la coscienza di non essere amata, che trasformava tutti i suoi doni e le sue attenzioni in un modo elegante per non occuparsi di lei. Perciò, il padre era stato felice di togliersela dai piedi.
 

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